Diritti, universi paralleli e proprietà

Anche oggi gli studenti manifestano in corteo ma, a differenza che nel ’68, ove manifestavano per i loro diritti, oggi manifestano contro i loro diritti; ce l’avete presente il surriscaldamento globale, argomento principe di protesta? Ma andiamo con ordine. Tra le diverse teorie sulla natura del cosmo, vi è anche quella degli universi paralleli; secondo questa teoria il nostro universo, nato dal big bang, insieme al tempo ed allo spazio, è solo uno dei tanti universi che si possono generare al di fuori dello spazio e del tempo, ma noi non lo potremo mai verificare in quanto siamo prigionieri del nostro universo spazio-temporale. Le teorie sulla relatività di Einstein hanno dato un altro brutto colpo all’umanità (dopo quelle di Galileo e Copernico) sostenendo che non solo la Terra non è al centro dell’Universo, ma la realtà che vediamo, secondo lo spazio ed il tempo che percepiamo, non esiste; il teatrino della fisica newtoniana con al centro, immutabili, lo Spazio ed il Tempo, in realtà è una nostra percezione; la fisica sub-nucleare contempla la relatività dello spazio e del tempo, per cui le regole quantistiche sono totalmente diverse e, di conseguenza, essendo fatti, noi stessi, di atomi, ci troviamo in un sistema che, di fatto, non conosceremo mai completamente. Questo per escrivere una similitudine sul fatto che i nostri diritti quelli che, ormai, riteniamo “universali” in realtà esistono solo nel nostro “universo occidentale”, ovvero, sono prerogativa dell’Occidente e, solo occasionalmente o, per motivi utilitaristici, possono essere stati esportati (ma non del tutto compresi) altrove. In altri termini, noi pensiamo che esistano diritti assoluti, che riteniamo universali, noti a tutti e riconoscibili da tutti ma, invero, esistono solo nel nostro sistema geopolitico occidentale. Il diritto assoluto moderno nasce in virtù delle grandi religioni monoteistiche che hanno tratto origine dalla cosmologia platonica; secondo il filosofo greco esiste un “mondo delle idee” perfetto, ed un mondo imperfetto, il nostro mondo “sensibile”; l’imperfezione del nostro mondo fa sì che ci si sforzi di migliorarlo attraverso i diritti; diverso è il Taoismo (non a caso richiamato dal fisico F. Capra nel suo primo libro “il Tao della Fisica”, il quale evidenziava le analogie tra la filosofia orientale e la fisica quantistica, in contrapposizione al nostro sistema cartesiano) dove l’universo è unico e ciclico e, di conseguenza, razionale e perfetto. Oggi, pertanto, iniziamo a provare una sorta di “influenza gravitazionale” verso l’universo cinese (1) ma anche, e soprattutto, uno strappo interno, proprio provocato dal crollo dell’impero sovietico, che ha permesso che quella materia oscura anti-occidentale che, prima, veniva tenuta in uno stato di quiescenza proprio dall’attrazione del sistema dell’est europeo, potesse risorgere come sistema di movimenti mondialisti, filocapitalistici ma, anche e soprattutto, terzomondisti che vedono nel nostro ceto medio borghese e nei suoi diritti la causa di tutti i mali. Ed è qui che si colloca la questione del riscaldamento globale e dell’”ecologia profonda”; le teorie vicine all’ecologia profonda individuavano nelle nuove tecnologie di produzione dell’energia, quali l’idrogeno ma, soprattutto, nei sistemi circolari (dove non vengono prodotti scarti dannosi come nei procedimenti lineari, ma tutto viene riciclato in sistemi complessi e interdipendenti) la soluzione dei problemi di inquinamento atmosferico e, contemporaneamente, si contrapponevano ad un sistema finanziario basato sui complessi informatici che provocavano povertà ed indigenza snaturando le civiltà meno fortunate; i paladini di queste teorie erano le organizzazioni non governative (O.N.G.); col tempo, peraltro, i fautori di queste teorie (così come le Organizzazioni non Governative) pare abbiano fatto combutta con il capitale finanziario (un po’ come è avvenuto, negli anni ottanta, tra sindacati e industriali) a danno del ceto medio dei Paesi occidentali colpevoli, attraverso il loro consumismo sfrenato, di causare povertà nel terzo mondo ed inquinamento globale. Nelle ultime pubblicazioni degli scienziati e mi riferisco, soprattutto, all’ultimo libro di F. Capra e U. Mattei, “ecologia del diritto” non vengono solo messi in discussione i sistemi lineari, ma tutto il diritto fondato sulle teorie cartesiane che hanno avuto, nella rivoluzione francese, il loro epilogo e, in particolare, la condanna è rivolta al diritto di proprietà (inteso non solo in termini fondiari ma anche in termini di proprietà di mezzi, compresa la proprietà industriale e commerciale); secondo i due autori la proprietà che è scaturita dalla rivoluzione francese, e confluita nei codici di derivazione napoleonica, ha sacrificato i beni della collettività per trasferirli ai titolari del diritto stesso secondo la logica di una “giustizia retributiva” anziché di una “giustizia distributiva”(2). Nel medio evo, infatti, la proprietà era connotata da molteplici facoltà a favore delle diverse categorie di beneficiari; proprio il principio del numero chiuso del diritti reali, presente nel codice napoleonico, ha eliminato un sistema complesso per determinare un diritto semplice di tutela assoluta, di carattere meccanicistico: così si legge: la resilienza dell’impostazione meccanicistica nelle leggi dell’uomo è spiegabile alla luce del servizio preziosissimo reso da quest’ultima alle esigenze del capitalismo del XIX secolo. La riduzione dell’ordinamento giuridico a un accordo tra proprietà privata e sovranità dello stato, infatti, si era rivelata un potente strumento per schiacciare la natura e la comunità…. Dal mio punto di vista il nostro sistema ha radici ancora più lontane; come avevo avuto occasione di affermare in un precedente articolo l’uomo, nella preistoria, è passato dallo stato di cacciatore raccoglitore a quello di coltivatore e allevatore e, con questo, avevo ritenuto che fossero nati, rispettivamente, i caratteri di sinistra e destra; in un ambito di caccia e raccolta non può che applicarsi una giustizia distributiva nel senso che la collettività cerca di disciplinare la risorse nel momento in cui vengono messe a disposizione e, immediatamente, consumate. Successivamente (secondo alcuni proprio in relazione ai riti religiosi, che comportavano la riunione di molte persone e l’inseminazione casuale di terreni) l’uomo diventa stanziale, inizia a coltivare e ad allevare; l’instinto di sopravvidenza lo spinge a produrre più del necessario, allo scopo di difendersi da futuri eventi avversi; dal passaggio dallo stato di cacciatore-raccoglitore a quello di coltivatore-allevatore nasce, non solo la concezione di proprietà fondiaria o immobiliare, ma anche quella di beni, di mezzi e di risparmio; dalla produzione maggiore di quella necessaria nascono gli scambi e, di conseguenza, la giustizia compensativa; ebbene, per qualcuno lo sviluppo dell’uomo fondato sulla proprietà, sul riparmio e sulla giustizia compensativa, o retributiva, o commutativa non va per niente bene in quanto la produzione maggiore della necessità ha dato il via allo sfruttamento eccessivo delle risorse della terra. Non si può non cogliere, nel voler tornare al medio evo, una regressione che, tuttavia, pare essere in corso già da ora; prendiamo ad esempio le “grida manzoniane” e la loro analogia con i DPCM (vere e proprie aberrazioni di diritto a danno delle libertà personali) anticipati via social e pensiamo all’Azzeccagarbugli, un avvocato che, anziché tutelare il rispetto della legge, in un ambito di separazione dei poteri, si vendeva al potente di turno (la separazione dei poteri è un dato base dei nostri sistemi democratici sorti dalla rivoluzione francese). Questo per dire che i nostri diritti non sono qualcosa di intangibile ed ineliminabile; i diritti come li conosciamo noi, in particolare il diritto di proprietà, sono fortemente legati alla nostra storia occidentale, ma sono per lo più sconosciuti agli altri sistemi economici che oggi coesistono con il nostro e, di conseguenza, in uno scontro o in una fusione di questi “universi paralleli” saremmo noi ad aver la peggio. E, tornando al riscaldamento globale, pare chiaro che questo rappresenti un grimaldello con il quale si intende demolire il nostro sistema dei diritti, non più sostenibili in un ambito diretto alla tutela della natura . Possiamo legittimamente dubitare che la finalità non possa essere, in realtà altre, magari proprio solo quella di sottrarci i diritti che, oggi, sono scomodi per qualcuno? Paolo Gatto Presidente Alac (1) Nel 2001 la Cina comunista è stata accolta nell’Organizzazione Mondiale per il Commercio. (2) secondo Aristotele, la giustizia si suddivide in “distributiva” cioè che alloca i beni a seconda della necessità di ciascuno e “compensativa” cioè, diretta a ristabilire l’equilibrio. Chiaramente una giustizia compensativa avvantaggia chi già ha ricchezza anziché colui che ha necessità; le nostre formule di giustizia tendono alla giustizia compensativa, come appare dai generalizzati simbolismi della “bilancia”.

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