L’amministratore revocato rientra dalla “finestra”

Nel complesso panorama giuridico italiano, una controversa decisione emessa dal Tribunale di Trieste ha innescato un acceso dibattito riguardo al periodo di ineleggibilità degli amministratori di condominio precedentemente revocati da un giudice. Questa decisione ha generato una frattura significativa nelle interpretazioni legali e ha sollevato interrogativi fondamentali in merito al futuro delle nomine degli amministratori di condominio in Italia. La questione principale riguarda la durata dell’ineleggibilità degli amministratori revocati, con il Tribunale di Trieste che adotta un approccio più restrittivo rispetto a quanto sostenuto dalla Corte di Cassazione, l’organo giudiziario prioritario nell’ambito della giurisprudenza italiana.

Il caso al centro di questa controversia giuridica coinvolge un amministratore precedentemente revocato che è riuscito a tornare alla carica, ma con una notevole variazione. Invece di essere nominato direttamente come amministratore, è stato designato come legale rappresentante di una società scelta dall’assemblea condominiale per svolgere le funzioni di amministrazione. Questa mossa è stata realizzata in conformità con l’articolo 71-bis del codice civile italiano, il quale apre la possibilità di nominare una società come amministratore condominiale, a condizione che essa soddisfi i requisiti legali, inclusi quelli relativi ai soci illimitatamente responsabili, agli amministratori e ai dipendenti incaricati dell’amministrazione dei condomini.

La sentenza emessa dal Tribunale di Trieste ha analizzato attentamente l’articolo 1129, comma 13, del Codice Civile italiano, che stabilisce chiaramente che “In caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria, l’assemblea non può nominare nuovamente l’amministratore revocato.” Questa disposizione sembrerebbe sottolineare un divieto assoluto di rielezione per gli amministratori precedentemente revocati, senza alcuna specifica temporizzazione. Pertanto, il Tribunale di Trieste ha interpretato questa norma in modo rigoroso, stabilendo che l’incapacità di essere rinominato è permanente, senza scadenza.

Questo approccio rappresenta un cambiamento significativo rispetto agli orientamenti giuridici precedenti. La Corte di Cassazione, come massima autorità giudiziaria in Italia, ha sostenuto in passato un approccio differente. Secondo la Corte di Cassazione, il divieto di rielezione di un amministratore revocato dura solamente per un anno successivo alla revoca stessa. La Corte di Cassazione ha sottolineato che la decisione di revocare un amministratore, emanata dalla Corte d’Appello, non è da considerarsi una sentenza nel senso tradizionale del termine. Invece, è da considerarsi come un atto di volontaria giurisdizione. Questo significa che tale decisione ha un impatto specifico sul rapporto tra il condomino che ha richiesto la revoca e l’amministratore in questione, ma non influisce direttamente sugli altri condomini o sulle decisioni dell’assemblea condominiale.

La divergenza tra le interpretazioni giuridiche ha suscitato una serie di interrogativi, innescando una discussione ampia e complessa nel contesto giuridico. La Corte di Cassazione, in quanto organo giudiziario supremo, detiene un peso significativo nel sistema legale italiano, e la sua posizione contrastante rispetto a quella del Tribunale di Trieste suggerisce una carenza di uniformità nelle interpretazioni legali in merito a questa questione delicata.

In particolare, la sentenza della Corte di Cassazione, con riferimento alla sentenza ante-riforma n. 14562/2011, ha sostenuto che il provvedimento di revoca emesso dalla Corte d’Appello non costituisce una sentenza, bensì un atto di volontaria giurisdizione. Questo atto di volontaria giurisdizione interagisce esclusivamente con il rapporto tra il singolo condomino istante e l’amministratore, senza coinvolgere gli altri condomini. Pertanto, la Corte di Cassazione ha sostenuto che il divieto di rinomina dell’amministratore revocato dura solamente un anno, aprendo la possibilità di una nuova designazione dopo questo periodo.

L’intera questione è caratterizzata da una mancanza di chiarezza e uniformità giuridica. Gli amministratori di condominio e le assemblee condominiali cercano con urgenza una guida chiara in merito alla procedura di nomina e revoca degli amministratori, in quanto questa controversia mina la stabilità delle decisioni condominiali e solleva dubbi sulla validità delle nomine.

In sintesi, la sentenza del Tribunale di Trieste ha sollevato una serie di interrogativi cruciali in merito alla durata dell’ineleggibilità degli amministratori revocati. Mentre il Tribunale di Trieste sostiene che questa incapacità è permanente, la Corte di Cassazione ritiene che sia limitata a un anno. La discordia tra queste interpretazioni giuridiche richiede ulteriori chiarimenti e sviluppi nel contesto legale.

Claudio Laporini

Dirigente Alac

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