Un anno “coi baffi”

E’ passato esattamente un anno da quando ho deciso di lasciarmi crescere i baffi.

Il 18 marzo del 2023 avevamo assistito ad un concerto di un gruppo etnico della Biscaglia, a Bilbao, dove il cantante si era presentato al pubblico baffuto.

“Se non fosse per i baffi sareste uguali” mi aveva detto mia moglie e io le avevo risposto in piemontese (il suo dialetto) “am fas cherse i barbiz dico’ mè” (mi faccio crescere i baffi anch’io); stranamente, ha optato per il silenzio assenso; poi, il cantante, li ha eliminati subito dopo, io no, io li ho voluti tenere anche se, a detta dei più, mi invecchiano di una decina d’anni.

Il fatto è che, dieci anni fa, al compimento dei cinquanta, mi ero fatto convincere a mettere gli occhiali per leggere e per me era stata una sconfitta; la vista si “allunga” perché, da anziani, si deve avere una visione più strategica ed i giovani devono pensare ad eseguire le direttive dei vecchi, mentre gli occhiali implicano una violazione di questo principio; sei vecchio, ma sei costretto a fare lo stesso lavoro di quando eri giovane e, pertanto, con una protesi visiva o quasi.

Oggi i baffi significano una nuova era; iniziare, realmente, ad attuare visioni strategiche ed a preparare il terreno per le future generazioni sperando, un giorno, di riuscire ad andare, sul serio, in pensione.

Paolo Gatto

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