“Gli ultimi saranno i primi!”(e i penultimi diventeranno gli ultimi)

Del Decreto Bollette e altre castronerie…


In data 24 aprile 2025 è stato convertito, con la L 60/2025, il DL 28 febbraio 2025 n.19 in materia di tutela del consumatore per quanto concerne le forniture energetiche.
Tra le varie disposizioni, che riguardano per lo più agevolazioni tariffarie e sanzioni delle
Autorità di vigilanza, ne è passata una in particolare che ha destato non poche preoccupazioni: l’art. 2 bis. “Non è pignorabile l’immobile di proprietà di un soggetto vulnerabile […] qualora il debito per il mancato pagamento di bollette energetiche condominiali sia inferiore a 5000 euro e la casa sua l’unico immobile di proprietà del debitore, purché vi abbia fissato la residenza…”

A primo impatto parrebbe quindi che non si possa procedere contro un condomino il cui debito relativo in fornitura di gas e luce non abbia superato i 5000 euro.
Secondo un’interpretazione sistematica, la norma va inserita nel contesto delle bollette
energetiche, per cui si potrebbe parlare di impignorabilità della sola quota relativa a elettricità e riscaldamento, mentre sarebbe possibile procedere per l’importo restante (acqua, compenso amministrazione, interventi di manutenzione ecc…); tuttavia la Legge è stata scritta, forse volutamente, in maniera non chiara per cui permane il dubbio che non si possa pignorare l’immobile per l’intero importo insoluto. La situazione si fa in tal caso più seria, in quanto diventerebbe molto più complicato recuperare il credito.
Varrebbe inoltre la pena analizzare quali siano i “soggetti vulnerabili”: secondo la definizione del D.lgs n 210 del 8 novembre 2021, tra le persone fragili (oltre a sfollati, disabili e/o in gravi
condizioni di salute) ci sono persone in “condizioni economicamente svantaggiate” e persone di età superiore ai 75 anni.
Definizioni ampie e che lasciano spazio ai meno onesti di approfittarne.

A prescindere, poi, da ogni soluzione e dall’onestà o meno di chi usufruisce di questa norma, si tratta di una misura presa dallo Stato che di fatto scarica il peso del disagio dei cittadini meno agiati, di cui si dovrebbe far carico, ancora una volta sui “penultimi”: persone non abbastanza povere da rientrare nei provvedimenti dello Stato, ma non abbastanza ricche da potersi permettere di coprire spese altrui. Così i penultimi, abbandonati, diventano gli ultimi e i nuovi penultimi li dovranno sostentare fino a che si esauriranno le risorse, in un circolo vizioso che non tiene conto che al vertice di questa piramide spesso e volentieri non c’è nessun ricco a farsi carico del problema, per cui il sistema collasserà su se stesso in poco tempo, lasciando indietro solo altra povertà a cui lo Stato dovrà far finta di interessarsi.
L’enorme controsenso in tutto questo è che, mentre i condomini non possono recuperare i
crediti sotto ai 5000 euro, le imprese di fornitura energetica potranno continuare a sospendere i servizi anche con insoluti di 500 euro, causando enormi disagi alle persone oneste e volenterose di pagare che tuttavia non si possono permettere di anticipare grosse somme per coprire le morosità.
Esistono quindi delle soluzioni? Intanto si potrebbe comunque procedere al pignoramento
escludendo le spese energetiche, confidando nella prima interpretazione della legge fornita. In secondo luogo, permangono come soluzioni l’iscrizione di ipoteca sull’immobile e il
pignoramento presso terzi (anche se particolarmente poco efficace in caso di pensioni e
disoccupazione o contratti a tempo determinato e part-time).
ll fatto che esistano soluzioni attuabili per tamponare il problema, però, non deve distogliere
l’attenzione dal fatto che questa norma mira a scaricare sui cittadini un peso che dovrebbe
gravare sullo Stato e il tutto senza scomodare le imprese che possono continuare ad abusare
della gestione privatizzata di beni essenziali con politiche aggressive e senza la minima tutela,
in questo caso sì, verso le persone in difficoltà, che possono essere lasciate al freddo e al buio per importi che rappresentano meno dell’1% del proprio fatturato mensile, ma circa la metà di una pensione media.

dot.ssa Marina Gatto

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